Questo è l'orologio della torre del municipio di Trieste. Due statue collegate ad un automatismo meccanico battono le ore. Esse sono chiamate, popolarmente, Micheze e Iacheze (o Mikeze e Jakeze, a seconda della grafia). Negli anni intorno al 1950 una trasmissione di Radio Trieste aveva dato loro una voce, e la trasmissione "el Campanon" si chiudeva con una filastrocca che recitava press'a poco così (in realtà ci sono molte varianti della stessa):
Chi che noi semo
signore e signori
qua dirlo no ocori
za tuti lo sa
Micheze e Iacheze
bati le ore
bati le ore
de questa zità
Po seguiva una raccolta di pettegolezzi sulla vita cittadina che chiudeva così:
Ma questa mezora
finida xe presto
e noi rimandemo
a domenica el resto
se nasi qualcosa
qualcosa va storto
per strada in comun
nei cantieri o nel porto
tornemo ogi oto
qua zo al campanon
e femo la spia
din din e din don...............
PIccolo cenno storico:
Le prime notizie delle due statue risalgono al 1517.
Piazza Unità d'Italia a quei tempi si chiamava Piazza San Pietro, ma comunemente veniva chiamata Piazza Grande perché ai triestini, si sa, le cose semplici non piacciono.
La piazza non era ancora stata interrata ed occupava un terzo circa delle dimensioni attuali, era circondata da edifici che la isolavano anche dal mare. Le facciate delle costruzioni guardavano infatti all'interno dello slargo. Fra di esse, nel gruppo di quelle che davano le spalle al mare, c'era anche la Torre dell'Orologio, chiamata anche Torre del Porto, oppure ancora Torre del Mandracchio, sempre perché ai triestini le cose semplici non piacciono, che in pratica era la porta della piazza che dava sull'antico porto della città, detto appunto Mandracchio (piccola darsena), stretta fra le prigioni e la Locanda Grande.
Nel 1474 la Torre del Mandracchio venne modificata per la prima volta e nel 1517 l'antica porta venne abbellita con un orologio e con due personaggi in bronzo che scandivano le ore e che il popolo allora battezzò Mikez e Jakez ovvero Michele e Giacomo. Poiché erano di bronzo, le due statue si ossidarono in fretta ed assunsero una colorazione brunita o rossiccia, tanto che i triestini presero a chiamarli i mori di Piazza. Qualcuno però dice che il motivo del cambio di colorazione abbia avuto altre cause. Si racconta che un tal Jure, che era solito ciondolare in Piazza nelle prime ore del mattino, giurava e spergiurava di averli visti incazzati neri che discutevano tra loro e borbottavano: "Ma vara ti se in una cità con un mar cusì bel, i ne doveva meter giradi de spale!"
Nel 1700 i Mori vennero smontati ed al loro posto fu costruita una trifora con tre campane, mantenendo però intatto il movimento degli automi. Si ignora che fine fecero Mikez e Jakez, forse finirono in un deposito, forse finirono in mare, forse ancora furono fusi per ottenerne le stesse campane o altro.
Nel 1838 fu deciso l'abbattimento della Torre dell'Orologio, ma un'anima nostalgica volle recuperarne, chissà perché, il meccanismo.
L'incarico fu affidato all'orologiaio Antonio Sebastianutti che provvide a smontare il congegno dalla torre ed a rimontarlo sull'edificio della Loggia, che si trovava dal lato opposto della piazza, pressappoco nel luogo dove oggi sorge il Palazzo Municipale. Molti triestini scuotevano la testa in un chiaro segno di approvazione.
Nel 1875 l'architetto triestino Giuseppe Bruni vinse la gara per la progettazione di un nuovo palazzo che avrebbe dovuto chiudere la piazza dal lato della città vecchia. Il nuovo edificio, il palazzo del Municipio, doveva essere formato da un unico corpo monumentale sovrastato, nella parte centrale, da un torrione con orologio.
Qualcuno però si ricordò delle due statue che quasi 3 secoli prima adornavano la Torre dell'Orologio (alias Torre del Porto, alias Torre del Mandracchio, sempre perché ai triestini le cose semplici non piacciono) e convinse il Bruni di come sarebbe stato bello e nostalgico riavere i due cosiddetti Mori.
Il problema era che nessun triestino, per quanto longevo, aveva mai visto dal vivo le due statue: si sapeva solo che erano due Mori e che erano soprannominati Mikez e Jakez. Un po' poco anche per il Bruni.
Notti e notti a studiare soluzioni, a creare e distruggere stampi. Alla fine decise che due paggi tirolesi sarebbero andati benissimo e avrebbero sicuramente fatto felice la casa asburgica.
I due paggi furono modellati in zinco nel 1875 dallo scultore Fausto Asteo da Ceneda dell'Accademia di Belle Arti di Venezia. Per il trasporto da Venezia a Trieste venne incaricata la neonata casa di spedizioni Gondrand che utilizzò il suo carro ultimo modello trainato da una coppia di cavalli da tiro chiamati Bepìn e Giuanìn.
Il viaggio durò settimane, ma alla fine i due cavalli arrivarono stremati con il loro carico nella piazza che, dal 1918, dopo un breve periodo nel quale era stata denominata Piazza Francesco Giuseppe, aveva assunto il nome di Piazza Unità in onore dell'avvenuta annessione di Trieste all'Italia, ma che comunemente veniva chiamata ancora Piazza San Pietro o Piazza Grande perché ai triestini, si sa, ecc., ecc.
I due paggi furono installati tra il 5 ed il 7 di gennaio del 1876 e batterono i primi dodici rintocchi a mezzogiorno del 14 gennaio davanti ad una folla festante che scuoteva la testa in segno di approvazione. Le due statue furono battezzate dai Triestini con un guizzo di fulgida fantasia, Mikez e Jakez.