The "San Carlino" Theatre in Naples, founded on 1770 - Stage (1884) - Naples, San Martino Museum

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Citando Plauto, Giacomo Leopardi nello "Zibaldone" (pagg. 10-11) gli riconosce la "forza comica che non è altro se non quella certa vivacità dei personaggi ottenuta col mezzo del ridicolo" il quale "ottiene il fine della Commedia, che è di distogliere dal vizio, il che principalmente è operato dal ridicolo".
Dunque, Leopardi attribuisce al "genere comico" quasi una funzione catartica e moraleggiante.
Questa considerazione (che andrebbe comunque approfondita) mi ha subito rievocato la citazione che lo stesso Leopardi fa ne "I nuovi credenti" del teatro San Carlino di Napoli:

"Portici, SAN CARLIN, Villa Reale,
Toledo, e l’arte onde barone è Vito,
E quella onde la donna in alto sale,
Pago fanno ad ogni or vostro appetito".

Vale la pena parlarne un po', per avanzare l'ipotesi che, aldilà della citazione, Leopardi potrebbe essere stato in questo teatro.
Fondato nel 1770, il teatro San Carlino si trovava nell'area dell'attuale Piazza Municipio, proprio di fronte a Palazzo San Giacomo, sede del Comune. Senza di esso sarebbe stata impossibile la grande tradizione del teatro e della comicità napoletana, fino ad Eduardo, Totò, Troisi...
Il San Carlino è frequentato ad esempio da Dickens, che assiste “al più straordinario tipo di recita che abbia mai visto: una specie di copia esatta della vita fuori, rappresentata senza grande arte, ma anche senza forzature che la migliorassero o censurassero, presentata francamente e semplicemente come lo è la realtà stessa. Veramente straordinario”.
Stupita era rimasta nel 1805 Madame de Staël: “Si vede a Napoli, in palcoscenico, un attore di ottant’anni che, da sessanta, fa ridere i napoletani nella loro maschera comica, Pulcinella”.
Nel 1844 è la volta di Alphonse de Lamartine, secondo quanto scrive la moglie: “…siamo stati al teatro San Carlino, dove si rappresentava una farsa napoletana. Era di grande comicità e recitata con brio e vivacità di gesti e di parole, veramente ammirevoli”.
Per il 1856, un’annotazione dei celebri romanzieri Edmond e Jules de Goncourt testimonia la loro attenzione per questo tipo di spettacolo: “…non dimenticare di celebrare l’illustre pulcinella: Antonio Petito rappresentato nello schizzo di mio fratello [Jules]”.
Quattro anni dopo vi è presente Louise Colet: “Ci sono, inverno e estate, due rappresentazioni al giorno al teatro San Carlino: una di pomeriggio, l’altra la sera. La graziosa e piccola sala non si svuota mai… Ciò che maggiormente mi colpì negli attori del piccolo teatro San Carlino, fu la loro assoluta naturalezza: non un gesto, un movimento, un’inflessione di voce che non fosse assolutamente aderente alla parte. Questa gente è a proprio agio sulla scena, vi vivono la vita reale, parlano e gesticolano come il popolo di Santa Lucia e Mercato”.
Non mancano descrizioni dell’interno. Stendhal dice che è “costruito in una cantina” nella quale “si entra dal terzo piano”. Karl August Mayer aggiunge che “tra i primi banchi della platea passa una cloaca che ha un pessimo odore, ma gli spettatori, assuefatti a quel puzzo, non se ne curano”. Théophile Gautier semplicemente che è il “teatro di Pulcinella” mentre Hippolyte Taine si dilunga: “…è una specie di cantina; la folla delle ragazze, degli operai, dei piccoli venditori con abiti di velluto consunto, con berretto, vi si preme e si stipa. Il caldo è forte, come pure la puzza, e le pulci salgono lungo le gambe; ma gli attori recitano benissimo, hanno grande naturalezza e dimestichezza con il palcoscenico”.
Molto più particolareggiato è Renato Fucini nel Taccuino di viaggio del 1877: “Vado al San Carlino… famiglia tedesca accanto a me; padre madre e due figlie ridono come pazzi… I sedili, per economia di spazio, son fatti a misura di uomo medio; ai grossi e grassi è un teatro proibito; fra atto e atto si abbassa bravamente il gas… Si scendono 9 scalini, puzzo di tanfo e di bottino che tiene i miei vicini con l’acqua odorosa al naso, è certo che i frequentatori abituali non lo sentono… Sono pagliacciate ma fatte con assai disinvoltura… Per un soldo seduti su le panche; ritti, gratis. Fisionomie e religioso silenzio dell’uditorio. Pulcinella è il riassunto dell’indole popolare Napoletana”.

Ora, tornando a Leopardi dopo una così lunga digressione, sappiamo da Ranieri che il recanatese era frequentatore dei teatri napoletani. Al Fondo (poi teatro Mercadante) assiste al "Socrate immaginario" di Paisiello. E al San Carlino - se c'è stato, come io suppongo - trovava quella spontaneistica gestualità e parlata partenopea, quei modi di concepire fatalisticamente la vita, quella comicità... che non gli dispiacevano, come afferma più d'una testimonianza.
In ogni caso, il fatto che il San Carlino sia citato ne "I nuovi credenti" è significativo, se si considera che è l'unico dei numerosissimi teatri napoletani ricordato da Leopardi.
Il San Carlino viene demolito nel 1884. Il palcoscenico viene smontato e collocato - insieme a numerosi altri cimeli - nella sezione teatrale del Museo di San Martino.

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Taken on: May 10, 2012

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