Foro di Traiano
Il Foro di Traiano, ricordato anche come Forum Ulpium in alcune fonti, è il più esteso e monumentale dei Fori Imperiali di Roma, l'ultimo in ordine cronologico.
Costruito dall'imperatore Traiano con il bottino di guerra ricavato dalla conquista della Dacia e inaugurato, secondo i Fasti ostiensi, nel 112, il foro si disponeva parallelamente al Foro di Cesare e perpendicolarmente a quello di Augusto. Il progetto della struttura è attribuito all'architetto Apollodoro di Damasco.
Il complesso, che misurava 300 m di lunghezza e 185 di larghezza, comprendeva la piazza forense, la Basilica Ulpia, un cortile porticato con la Colonna Traiana[e due biblioteche. La presenza del tempio del Divo Traiano e di Plotina, aggiunto da Adriano, sembra essere stata accertata, dopo varie proposte alternative rivelatesi infondate, al di sotto di Palazzo Valentini, dove era tradizionalmente collocato.
La conquista della Dacia (101-106) fruttò a Traiano una enorme ricchezza, stimata in cinque milioni di libbre d'oro (pari a circa 163,6 t) e nel doppio di libbre d'argento, e una straordinaria quantità di altro bottino, oltre a mezzo milione di prigionieri di guerra. Si trattava del favoloso tesoro di Decebalo, che lo stesso re avrebbe nascosto nell'alveo di un piccolo fiume (il Sargetia) nei pressi della capitale, Sarmizegetusa Regia. Qualcuno ha pensato che questi numeri strabilianti fossero frutto di un errore di trascrizione e che la cifra reale dovesse essere divisa per dieci ma, anche se così fosse, il risultato rimarrebbe di eccezionale rilievo. In effetti Traiano sembra abbia ottenuto da questo immenso tesoro circa 2.700 milioni di sesterzi, cifra nettamente più alta di quella sborsata da Augusto per la costruzione del suo foro, come attestano le Res gestae. Oltre a ciò, la conquista contribuì a un aumento permanente delle entrate nelle casse dell'erario grazie alle miniere della Dacia occidentale, che furono riaperte sotto la sorveglianza dei funzionari imperiali.
Al ritorno dalla campagna fu tributato a Traiano un grandioso trionfo, con spettacoli gladiatorii (ludi) e corse dei carri nel Circo Massimo; si dispose, quindi, la costruzione di un nuovo foro che comprendesse anche la presenza di una colonna celebrativa.
L'impianto del nuovo complesso monumentale, voluto ex manubiis dallo stesso Traiano per celebrare la conquista della Dacia, rese necessario un ampio lavoro di sbancamento, comportante l'eliminazione della sella montuosa che congiungeva il Campidoglio al Quirinale e chiudeva la valle dei Fori Imperiali verso il Campo Marzio. La sella fu in realtà già parzialmente intaccata sotto Domiziano, come dimostrano il muro in laterizio sul limite sud-occidentale del Foro di Cesare e le fondazioni della Terrazza domizianea (domus Sexti), su cui attualmente insiste la Casa dei Cavalieri di Rodi.
Per realizzare il nuovo foro vennero anche demoliti l'Atrium Libertatis[16], le cui funzioni passarono a una delle absidi della Basilica Ulpia, e un tratto delle Mura serviane, entrambi collocati probabilmente sulla sella eliminata.
Contemporaneamente al foro, anche per contenere il taglio delle pendici del Quirinale, vennero innalzati i Mercati di Traiano, un complesso di edifici con funzioni prevalentemente amministrative e di archivio, collegato alle attività che si svolgevano nel foro; fu inoltre rimaneggiato il Foro di Cesare, dove si eresse la Basilica Argentaria, e si ricostruì il tempio di Venere Genitrice.
Il progetto del nuovo complesso è attribuito nelle fonti antiche ad Apollodoro di Damasco[4], che aveva accompagnato Traiano nelle campagne daciche mettendo a servizio dell'imperatore le sue competenze di architetto nelle attività di supporto tecnico alle operazioni militari (come il ponte di Traiano sul Danubio). I Fasti ostiensi ci informano che il foro venne inaugurato nel 112 e la Colonna di Traiano nel 113.
Foro di Traiano a Roma Mercati traiane iStatua equestre Portico Portico Biblioteca orientale Biblioteca
occidentale ingresso? Colonna Basilica
Ulpia Esedra Esedra Quadriportico
Grande fregio (collocazione incerta)
Un'interpretazione del foro vedeva in esso una trascrizione monumentale della pianta tipica dei principia, ovvero la piazza principale degli accampamenti militari, quale preciso segnale della politica traianea incentrata sulla componente bellica. Sebbene questa interpretazione sia stata poi superata, poiché oggi si ritiene che la pianta riproponga quella dell'Atrium Libertatis di Gaio Asinio Pollione, la decorazione del complesso è una celebrazione dell'esercito vittorioso e soprattutto delle virtù del suo comandante, lo stesso imperatore, protagonista delle scene di guerra rappresentate nei rilievi scultorei e raffigurato nelle statue, quella posta in cima alla Colonna Traiana (sostituita nel 1588 da quella di san Pietro) e quella equestre più grande del vero collocata al centro della piazza. Anche alcuni indizi epigrafici[ suggeriscono una glorificazione di Traiano legata al suo ruolo di vittorioso generale. Vi sono tuttavia anche elementi che sottolineano più la pacificazione ottenuta con la vittoria (pax romana) che la pura e semplice gloria militare (virtus).
Alla glorificazione e futura apoteosi dell'imperatore, determinata dalle sue virtù, alludono anche i diversi fregi figurati degli edifici del complesso, con grifoni, sfingi, vittorie e amorini. La sepoltura di Traiano nel basamento della colonna onoraria rappresenta il culmine di questo intento celebrativo.
Funzioni
Il complesso veniva utilizzato per varie funzioni: un procurator Fori Divi Traiani, ricordato in un'iscrizione rinvenuta nei Mercati, doveva amministrare le varie attività che vi si svolgevano. Sappiamo dalla Forma Urbis Severiana che una delle absidi della Basilica Ulpia aveva ereditato le funzioni dell'Atrium Libertatis, dove si dovevano svolgere le cerimonie di manomissione degli schiav. Certamente fu sede di cerimonie pubbliche di vario genere:
vi furono promulgate numerose leggi, alcune delle quali datate tra il 319 ed il 451 d.C.;
vi vennero distribuiti alcuni congiaria al popolo romano (una scena simile è rappresentata in uno dei pannelli dell'arco di Costantino, dell'epoca dell'imperatore Marco Aurelio);
vi furono pubblicamente bruciati i documenti di archivio che contenevano la registrazione dei debiti verso il fisco condonati da Adriano;
Marco Aurelio vi tenne una vendita all'asta di beni del palazzo imperiale per finanziare le campagne militari contro Germani e Sarmati negli anni settanta del II secolo.
«Dopo aver prosciugato il tesoro per questa guerra, ormai, non potendo più richiedere alcuna nuova imposta straordinaria sui provinciali, tenne una vendita pubblica nel Foro del divo Traiano di molti degli arredi imperiali, e vendette i calici d'oro, cristallo e murrina, caraffe fatte per i re, le vesti di sua moglie di seta ricamate in oro, e anche i gioielli che aveva trovato in numero considerevole in un armadio sacro di Adriano. Questa vendita andò avanti per due mesi, tanto che fu realizzata una grande quantità di oro, in modo tale da poter condurre a termine la guerra contro i Marcomanni in piena conformità con i suoi piani. Diede inoltre la possibilità agli acquirenti di sapere che, qualora qualcuno di loro avesse voluto restituire il suo acquisto e recuperare i suoi soldi, avrebbe potuto farlo. Né si rese poco gentile con chi preferì non restituire ciò che aveva comprato»
(Historia Augusta, Vita Marci Antonini philosophi, XVII, 4-5)
Marco Aurelio dispose, inoltre, che nel Foro di Traiano fossero innalzate statue in ricordo dei generali che per lui combatterono durante le guerre contro le popolazioni del nord[30], mentre Commodo, che era solito farvi apparizioni in pubblico, vi distribuì almeno un congiarium.
Le basiliche erano tradizionalmente sede dei tribunali e dell'attività giudiziaria, e a questo scopo potevano servire le absidi, spazi separati e raccolti rispetto alla navata centrale. Inoltre, in epoca tarda, si tenevano nel foro lezioni e attività culturali (forse con sale di lettura e scuole), presumibilmente nelle esedre dei portici.
La Historia Augusta ricorda, infine, che l'imperatore Aureliano, allo scopo di aumentare il senso di sicurezza dei cittadini, ordinò che i registri dei debiti dovuti allo Stato fossero bruciati, una volta per tutte, proprio nel Foro di Traiano.
Curiosità
All'interno dell'area del foro si trova una colonia isolata di granchi d'acqua dolce della specie Potamon fluviatile. Tale specie è oggetto di studi di mappaggio genetico da parte della comunità scientifica. Si tratta di una comunità isolata, che manifesta caratteristiche di gigantismo e sembra ambientata da lungo tempo nel sistema fognario del complesso monumentale. Probabilmente la sua presenza risale al tempo nel quale, nei mercati traianei, si vendevano pesci e crostacei e si allevavano gamberi e granchi. Forse questi animali sono sopravvissuti adattandosi alla vita ;cittadina fino in età contemporanea. I Potamon romani sono circa un migliaio.
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Raccolta foto De Alvariis