L'ETA' DI MEZZO
Foto 43 - copertina del disco di Renato Rascel del 1958.
Digitalizzazione anno 2018
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LA CONSEGNA DELLE DIVISE
Vi racconto come si può, con astuzia e sorriso sulle labbra,
trasformare un' azione fatta per umiliarti,
in un boomerang micidiale per chi l'ha lanciato.
Lunedì 18 ottobre 1976.
Scuola Trasmissioni di San Giorgio a Cremano.
Cambio della divisa da estiva ad invernale.
Piazzale davanti ai magazzini dove c'era la sartoria.
L'aria ancora calda ci fa pensare che la data sia fuori luogo,
da domani ci sarà da sudare le 7 camice.
Solo la mattina presto, la brezza sferza le orecchie e la nuca.
E' già più di mezz'ora che siamo schierati sull'attenti come statue di sale.
Sono quasi le undici, stai a vedere saltiamo anche il pranzo.
Ho passato la notte di guardia, non mi ci voleva questa ulteriore fatica.
Sì perché, tra le ingiustizie peggiori c'era quella che il soldato,
per i comandanti, era una sorta di doppia persona.
C'era il soldato, ed anche lo studente, ed albergavano in un unico corpo, che per natura,
era fatto di debole carne ed ossa.
Dura far capire al maresciallo addetto alle lezioni,
per esempio,
di non aver studiato perché di servizio in cucina.
Quella volta avevo passato le ultime 18 ore a lavare vassoi e bicchieri per 3.000 militari e per ben 3 pasti al giorno.
Arrangiati, se non raggiungi il punteggio,
ti puoi scordare casa.
Ed io me la stavo scordando veramente, per questo scrivevo.
mi sembrava di essere a casa.
Mera illusione che ogni tanto mi serviva a non demordere.
Ecco finalmente la chiama ha inizio.
Sempre sull'attenti con le gambe molli,
speravo in un colpo di fortuna.
Almeno toccasse a me.
Me ne andrei in camerata a riposare un po'.
Arriva mezzogiorno, per me mezzanotte col sole.
Poi dall'altoparlante:
" trs. Pardossi Stefano" 5° compagnia.
Caspita, non sa neppure leggere.
Mi chiamo ParAdossi, cominciamo bene.
Difficile rimettersi in moto, l'acido lattico annebbia i muscoli,
rimasti immobili da un'ora e mezzo.
Mettici la notte in bianco di guardia.
La consegna delle divise invernali, per ragioni di spazio,
veniva allestita all'aperto davanti ai magazzini.
Salvo tempo avverso.
Il maresciallo addetto alla consegna, ad occhio sceglieva la taglia.
Due sole le possibilità, media o grande, di piccolo... c'ero solo io.
Probabilmente l'uomo minuto, dava un po' fastidio,
e la taglia relativa, non era nemmeno stata contemplata.
Sta di fatto che ogni capo che mi provavo,
era di tre o quattro taglie superiori.
D'un lampo, forse il cercare di reagire alla stanchezza,
forse la rabbia che saliva,
mi venne in mente la famosa canzone di Renato Rascel:
" il piccolo corazziere "
Ricordate come iniziava?
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Mamma ti ricordi quando ero piccoletto,
che mi ci voleva la scaletta accanto al letto,
come son cresciuto mamma mia devi vedere...
figurati che faccio il corazziere."
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Decisi di essere il Rascel della situazione.
La platea ce l'avevo, l'intera compagnia, circa 300 ragazzi.
Ad ogni indumento che il maresciallo mi doveva dare,
si voltava per un po' per cercarlo.
Come ad avere l'imbarazzo della scelta,
fingeva di rovistare per trovarmi il capo che mi andava a pennello.
In quei brevi momenti, mimavo l'indimenticabile Renato,
che tutti voi ricorderete di sicuro.
Ecco sto ballando e la divisa mi pende dappertutto.
Il difficile era rientrare a tempo.
Che pazzo vero?
Le ultime file, nascoste dai primi,
erano piegate in due dalle risate.
Ma in generale c'era un certo "scollamento" delle posizioni.
Il clou si raggiunse col cappotto.
Veramente una cosa enorme.
Le maniche 30 cm. più lunghe delle mie braccia.
E poi la lunghezza del cappotto.
Spazzava abbondantemente il terreno.
Non contento il maresciallo, completamente ridicolizzato,
chiuse con un:
" è perfetto... avanti un altro."
Da quel giorno fui stimato come un leader.
Il più piccoletto, con ironia aveva abbattuto il gigante,
come a dire ragazzi uniamoci.
Siamo tanti, siamo giovani... siamo forti.
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